REAL TIME

(questo progetto è in corso di sviluppo col Dipartimento di Informatica Musicale della Università Statale di Milano)

La fruizione in tempo reale sembra scorrere oltre la nozione stessa di numero, essa fluisce naturalmente in un ipotetico unicum, pur esistendo un sistema complesso che la governa. L’ascolto accade nell’attimo in cui si autogenera creativamente in noi, e ogni volta per la prima volta. È un momento che non si ripete mai anche se stessimo ascoltando in loop una vecchia registrazione diffusa da un grammofono, o da un computer. Il solo fatto che l’esperienza si compie nello spazio e nel tempo ne fa un evento originario strettamente legato all’umanità dell’ascoltatore e all’ambiente che la ospita. Estremizzando potremmo sostenere che stare seduti sul divano premendo il tasto “play”, al posto di assistere a un concerto dal vivo, non muta l’originalità della fruizione e neppure dell’esecuzione. Può sembrare assurdo, ma, in quanto niente è mai uguale a se stesso, non lo è neppure il supporto di registrazione, il lettore, e tantomeno le condizioni naturali in cui la traccia si diffonde.

In ogni caso, che l’ascolto sia o meno un atto originario, una differenza scientifica tra un grammofono e un computer esiste ed è una differenza categorica in cui tecnica e filosofia si fondono in ciò che potremmo chiamare ilsenso del continuo.

Con Alan Turing si perde l’idea di continuum perché il campionamento è affidato alla statistica in combinazione con il calcolo binario. Una struttura inedita che fa della matematica un dio definitivamente lontano dalla natura, disumanizzando il rilevamento delle informazioni mediante la sostituzione di una puntina, sempre in contatto col supporto, con la distanza dell’intervallo digitale.

Tutto questo ha l’aria di un iper recinto senza via di scampo, dove è bandito conciliare la nuova logica con il vecchio vivere continuo. Ammetto che, considerando alcuni lavori di musica auto-generativa interattiva, ho avuto, talvolta, l’illusione di trovare una uscita di emergenza, perché spesso tra il rilevamento della realtà da parte dei dispositivi e la percezione d’ascolto pare non esserci alcuna intercapedine, col risultato di avere un pubblico immerso in una reattività apparentemente analogica. Cito un lavoro dell’artista cinese Feng Chen (1), il quale, usando dei sensori termici, registra la presenza e il movimento dei corpi degli avventori nello spazio espositivo, modificando la velocità e la logica dei patterns sonori. Da testimone posso dire che la stimolazione della presenza corporea degli avventori generava un flusso di scambio con l’algoritmo programmato dall’artista, ma ho anche notato che lo stesso generarsi di patterns poneva una nuova distanza tra la traccia e l’ascoltatore-autore. Voglio dire che il calcolo teso a generare un risultato compositivo rimette in discussione il “sentirsi uno” del fruitore con il suono. Cosa succederebbe invece se la programmazione alfanumerica fosse semplicemente tesa a creare le condizioni di un incidentesonoro in cui spazio tempo e ascoltatore siano essi stessi la materia sonora? Come riuscirebbe un calcolo ad annullare l’idea stessa di numero col fine di compiere una fusione tra persona, paesaggio e tempo?

Prima di arrivare al senso profondo del progetto “Real Time”, ci tengo a sottolineare che questo discorso non deve sembrare una fuga dal calcolo binario, né apparire come nostalgia per l’analogico. Le fondamenta del progetto vanno cercate, invece, nella necessità di ripristinare una gerarchia tra paesaggio sonoro naturale e artificio umano, evidenziando il limite intrinseco alla tecnologia, sia essa digitale, che analogica.

Ripercorrendo in rapidissima successione la storia degli strumenti musicali, da quelli primitivi nati inizialmente per difendersi dalla natura ostile, a quelli classici orchestrali, figli del civile mestiere; dai sintetizzatori creati col fine di non avere più alcun limite timbrico, finendo ai calcolatori digitali, che astraggono e si implementano continuamente, possiamo sostenere che essi sono tutti impietosamente ingabbiati da un sotteso: l’emulazione. Questo modo di affrontare l’espressione creativa è antropologicamente ancestrale e soprattutto trasversale a tutti gli ambiti della tecnica, tanto da diventare il limite ultimo in cui scegliere di stare, o la massima sfida possibile da superare.

“Real Time” trova qui la sua genesi, nel tentativo, cioè, di restituire l’esecuzione delle partiture musicali al paesaggio sonoro originario superando l’idea stessa di tempo reale e sollevando, nel tentativo di risolverlo, il problema di un limite dato dalla necessità del precampionamento in fase compositiva. Ma qui la tecnica non ha un ruolo di auto esaltazione, quanto un fine prettamente ontologico: ripristinare un dialogo in presenza tra uomoe natura senza alcuna chiusura né emulazione da parte del primo, il quale, nella testimonianza del sé e dell’altro da sé, può ritrovare il senso della storia e della memoria.


(1)   Bodies and Souls, a cura di Manuela Lietti in collaborazione con Capsule Shanghai, Cassina Project, Milano, 2023.



[Grekness implications: “Real Time” focuses on drama through a selection of sound recordings, where the human voice and its implications are omnipresent and in relation to the myth and pathos of Greek tragedy, around which "happening" and "installation" reconstruct an explicit suggestion.

The mere musical problem of transforming the flow of the sound landscape into a musical instrument (a fundamental part of the process), is the starting point for a reflection on inner time and on how contemporary historical events have modified the vectorial intertwining between present, past and future, bringing us to ontologically relocate architectural and engineering functionality on one hand, and nature on the other.]